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Gay & Bisex

La mia soffitta 1


di jacdap
24.05.2025    |    4.500    |    8 9.5
"Dissi: - Sai, anch'io in certi momenti non resisto..."

Era un sottotetto di una casa in centro storico, ristrutturata alla buona solo fino al terzo piano. Avrebbe dovuto essere un solaio ma era poco usato anche per rintanarci le carabattole che non si usano e poi si dimenticano, anche perché ci pioveva dentro. Al di sopra una stupenda altana permetteva la vista dei tetti della città medioevale. Valeva la pena andarci solo per questo. Il padrone di casa disse che, per un'affitto bassissimo, me la dava purché la sistemassi. Ci avessi fatto quello che volevo purché non gli chiedessi soldi. Ci lavorai un anno, dormendoci dentro in mezzo ai rottami dato che me ne ero uscito da casa non esattamente in modo pacifico, e rendendolo un locale molto accogliente, appena un poco bohemien ma anche raffinato.
E ci ho scopato come un riccio: una valanga di coetanei, qualcuno più maturo, molti giovanissimi, di giorno e di sera, anche qualche notte intera. Piacevo. Con diversi ci si ritrovava.
Il mio amico-confidente Romeo mi era più vecchio di 25 anni, abitava nella strada in cui abitavo quando ero coi miei; era un tipo estroverso, un poco sopra le righe, ma quasi mai eccessivo; mi aveva "prestato" varie volte il suo appartamento quando abitavo ancora in famiglia e spesso le sue opinioni mi erano d'aiuto. Se chiedevo un consiglio mi diceva che uno che a 14 anni già aveva scopato con femmine e maschi i consigli era in grado di trovarseli da sé. Un giorno di novembre in una strada di campagna scese dall'auto per fare pipì e ci rimase secco, a uccello fuori, per un duplice infarto coronarico. Per questa concomitanza, mi sono rimaste inchiodate nella mente le sue considerazioni che, come sempre tra il serio e il faceto, aveva fatto poco prima. Mi diceva che col turn-over di manzi e checche della mia soffitta era inutile che io mi classificassi bisessuale solo perché ogni tanto praticavo la passera: finocchio ero e finocchio sarei rimasto. Ed era una mia pseudo-volontà quella di volermi mettermi con una donna e magari fare pure figli. Culo ero e culo restavo. Anzi, prima o poi avrei pure fatto il passivo "e dio non voglia" diceva sghignazzando "che ti piaccia, perché allora a pensare a tutti i cazzi che ti sei lasciato sfuggire fino a quel momento, entreresti in una depressione spaventosa.

Conobbi Grazia e pensai proprio che Romeo questa volta si fosse sbagliato. L'ho incontrata di sera, una macchia più chiara sotto le stelle ambigue nella foschia d'estate. Emanava un sentore di linfe agresti tra le sottili vesti superflue. Il suo corpo era solido e fresco, vivo ma, in un certo senso, inafferrabile. La sua voce, che pareva uscisse dall'ombra che ci circondava, era morbida e vellutata... Mi parve di conoscerla da sempre e invece non la comprendevo... E tuttavia me ne innamorai e per un paio d'anni fui sempre fedele innamorato di lei o forse della comoda situazione che si era creata con la convivenza, anche se l'amore si faceva sempre meno in quanto lei soleva dire che era un tipo più sentimentale che sessuale. Amavamo dormire abbracciati assieme e baciarci, ma il suo amore era diventato platonico; non amava particolarmente, anche se non lo rifiutava, il sesso orale per ciò che mi riguardava mentre dava segnali di indifferenza per quello che riguardava lei. Il suo sesso era quasi nascosto dentro un pube proteso, muscoloso di cui, neppure a gambe aperta, nulla si vedeva se non un infittirsi di pelo intorno a quella che pareva più una piega che una fessura. Solo al tatto si potevano sentire le labbra e il clitoride, molto alto e quasi confuso con l'osso del pube, che solo in condizioni di grande eccitamento si gonfiava e solo lei pareva conoscerne bene la sensibilità. A un mio accenno all'eventualità di un rapporto a 3 per ravvivare l'andazzo, per poco non mi mangia. Così, complice anche il "richiamo della foresta" ripresi a darmi da fare coi maschi. E mi sa che Romeo avesse ragione...
Uno dei primi, in quel periodo, fu Raffaello di cui ho parlato in altro racconto (A volte ritornano 2) . Fu in questo periodo che mi fu presentato nel corso di una pizzata cogli amici di Grazia, una compagnia un po' snob. Quando ci salutammo a fine serata mi chiese in che palestra andassi dato che, a vedermi, in una dovevo di certo andare... Mi meravigliai un po' della domanda, comunque gli dedi nome e indirizzo. Quello che successe poi è una storia già, sebbene in parte, raccontata.

Poi ci fu Paolo.
L'avevo conosciuto in una chat, una di quelle in cui si chiacchiera e basta. Era colto e simpatico, ma non ero molto interessato a conoscerlo di persona perché, ai tempi, aveva 55 anni, 25 più di me. Mi pareva fosse "vecchio"... ancora non mi passava per la testa che, passati da poco i 30, ero tuttora un bel figo, ma che, tempo qualche anno, anch'io sarei stato resistibile.
Un altro motivo che non mi invogliava a conoscerlo di persona era il fatto che avesse una figlia quasi diciassettenne che sempre tirava in ballo, quasi fosse una sua amante... lui stava bene solo quando era colla sua Elena, di sua moglie non ne parlava mai. Sapevo però che esisteva ed era medico.
Risiedevo ancora in centro, ma avevo già disponibilità della casa di mia zia in campagna e lasciai a Grazia la soffitta, che ormai sarebbe diventata a tutti gli effetti la "sua" casa, ma volle che tenessi le chiavi e che tornassi ogni tanto a dormire con lei. Paradossalmente mi pareva che più i nostri rapporti si diradavano più cresceva il sentimento che ci univa. Quando le dissi che avevo "cominciato" ad avere rapporti con maschi, non fece una piega, disse solo che era sempre affascinante cominciare qualcosa di nuovo. Non capii che anche per lei qualcosa stava cambiando e notai solo che il suo affetto, anche amore, per me non era scemato, piuttosto sublimato in qualcosa di fraterno e famigliare, pacato e remissivo.

Un giorno che avevo voglia di maschio ed ero in chat con Paolo, accettai di incontrarlo in un grande parcheggio di un paese a una trentina di km. Nel corso dei mesi in cui avevamo chattato gli avevo accennato, conversando, al fatto che avevo una targa che non mi avrebbe permesso di fare una rapina in quanto molto riconoscibile con due lettere uguali seguite da tre numeri uguali per poi finire con le due stesse lettere iniziali . Evidentemente aveva memorizzato la cosa e, ora che gli avevo anche detto modello e colore dell'auto, forse appostato all'ingresso del parcheggio, subito mi aveva individuato e si avvicinò che manco avevo correttamente parcheggiato.
Non era male ma gli anni gli si vedevano, comunque snello, barba nera piena, pinocchietti al ginocchio e t-shirt viola, abbigliamento un po' più da teenager che da cinquantenne. Io avevo bermuda bianchi indossati senza intimo e camiciola azzurra. Ero stato fortunato a beccare uno dei pochi posti all'ombra perché c'era un sole africano ed erano le due e mezzo del pomeriggio. Quasi nessuno in giro. Ci piombammo in un bar a farci una birra gelata e poi anche un caffè. Mi chiese che impressione mi ero fatta di lui.
- Scopabile, risposi ridendo.
Dopo un'ora di chiacchiere disse che doveva andare ad aprire l'ufficio (aveva un'agenzia di lavoro interinale) e che mi avrebbe accompagnato all'auto che era quasi di fianco alla sua. Mi spiazzò perché salì anche lui sulla mia e mettendomi una mano sul pacco, mi disse:
- Ma io non resisto...
Allungai le gambe e lasciai che me lo tirasse fuori. Io giravo gli occhi a 360° per cogliere ogni eventuale avvicinarsi di qualcuno, ma non c'era un cane e lui mi spompinò fino alla fine, bevendo tutto. Leccandosi i baffi, mi salutò e mi disse il nome dell'agenzia dicendo che al pomeriggio in genere non c'era mai nessuno.
Per quanto fossi sul chi vive, la pompa me l'ero goduta e i peli morbidi della sua barba contro il mio basso ventre e le cosce durante la fellatio erano alquanto piacevoli. Pensai che mi sarebbe molto piaciuto sborrargli sulla barba e ammirare il contrasto bianco-nero, magari anche poi leccargliela via, perché no, in fin dei conti sarebbe stata roba mia... Con queste fantasie mi tornò duro mentre guidavo e quindi andai verso il fiume lì vicino dove altre volte avevo fatto begli incontri; quella volta però c'erano solo marchette, così tornai in paese e intanto erano venute le cinque e mezzo. Chiesi a uno se sapeva dov'era la tale agenzia facendo una figura barbina perché ci ero praticamente davanti. C'era una scrivania con due seggiole e di fianco un divano con un tavolino. Una voce da dietro un vetro fumé smerigliato disse che sarebbe arrivato subito e quando arrivò rimase sbalordito, ma subito il suo viso si illuminò in un sorriso a 32 denti e mi invitò a sedere. Dissi:
- Sai, anch'io in certi momenti non resisto...
Con un balzo felino girò la chiave nella porta, ruotò verso l'esterno un cartellino con la scritta "torno subito" e mi tirò dietro il vetro scuro dove c'era un'altra scrivania. Febbrilmente mi tolse, calzoncini e camiciola e di nuovo si mise a spompinarmi, si spogliò pian piano anche lui e notai che aveva davvero un bell'uccello, ben fatto, dritto con una cappella violacea lucida e asciutta, più o meno simile al mio come dimensioni, aveva muscoli ben definiti, segno che praticava sport, fianchi sottili e un bel torace pelosetto. Presi a ricambiare tutti i suoi maneggiamenti e ciucciamenti e scoprii che era un bravissimo baciatore. Gli dissi della fantasia che mi era venuta e rispose sìiii quasi già godendo. Quando eiaculai ero in piedi colle chiappe sul bordo della scrivania e lui accucciato sotto che si segava forsennatamente venendo sul pavimento mentre io col glande ancora gocciolante sfregavo il mio seme sulla sua barba nera e morbida.
Lo tirai su per le ascelle e leccai tutto il mio sperma mettendogli ogni volta la lingua in bocca. La cosa gli piaceva e disse che avrebbe voluto rifarlo. Io gli dissi che invece avrei voluto scoparlo. Mi disse che lui solitamente era attivo, ma con me sarebbe stato un piacere fare il passivo e ci demmo appuntamento la settimana seguente nella mia casa in campagna.

Arrivò nel primissimo pomeriggio.
- Coffee time... fu la sola cosa che dissi e mentre armeggiavo colla caffettiera lui aveva già il mio uccello in bocca. A me piace bollente e amaro quindi lo trangugiai subito mentre, in piedi, venivo pompato, lui continuò a pompare e solo quando gli dissi che se, per bere il caffè, aspettava che io fossi venuto il caffè sarebbe stato più che freddo. Allora sospese la pompa, mise nel caffè due cucchiaini di zucchero girandolo appena appena, bevve, e mi versò sul cazzo lo zucchero rimasto in fondo alla tazzina ricominciando a pomparmi; ripeté l'operazione e alla fine mi capovolse la tazzina sul glande che a mala pena entrava.
Quando non ci furono più tracce di zucchero e di caffè ci spostammo in camera da letto e lo spogliai lentamente, aveva veramente un cazzo che mi intrigava molto, lo trovavo molto bello ed iniziai a succhiarglielo. Lo confrontai mentalmente col mio, che era decisamente un bel randello, e lo trovai forse un pelo superiore. Mi piaceva moltissimo riempirmi la bocca col suo cappellone molto secco e, non essendo io un amante del liquido di Cowper (il cosiddetto precum), trovavo la cosa molto appagante. Smisi solo quando mi accorsi che di quel passo sarebbe venuto e passai a lappargli, come so fare egregiamente, il buco del culo. Era bello anche quello, non depilato ma molto pulito, lo penetrai colla lingua a lungo portandolo quasi all'esasperazione e mi venne l'irrefrenabile desiderio di scoparlo senza profilattico.
Fu lui, quando io, col cazzo durissimo, bussavo alla sua porta posteriore, a dirmi di mettere un preservativo. Lo amai in quel momento perché era più giudizioso di me e me lo scopai in tutte le posizioni possibili. Non potei non pensare: "per fortuna che eri attivo..." ma godetti tanto in quelle due ore di scopate che ne conservo un ricordo indelebile: era un maschio, anche bono, era un padre di famiglia, aveva un cazzo eccezionale ed io me lo stavo fottendo tra l'altro con suo immenso piacere. Lo possedevo, ne traevo un piacere infinito e lui mi corrispondeva in maniera ugualmente passionale facendomi sentire importante, potente, grande...
La prima fu dal davanti: praticamente un sogno. Il suo viso in estasi, le labbra morbide che baciavo, il suo bacino che controspingeva le mie spinte, i suoi piedi che leccavo sulla pianta per dargli solletico, i suoi mugolii che si trasformavano in rantoli... venimmo assieme. Non leccai il suo sperma ma gli pulii ventre e torace con un asciugamanino e restammo abbracciati accarezzandoci e baciandoci per una decina di minuti dopo di che fummo entrambi duri di nuovo. Io avevo ancora il preservativo sull'uccello che evidentemente non si era ammosciato del tutto. Mi misi dietro a lui di fianco e presi a masturbarlo, gli sollevai la coscia superiore e lui agevolò il mio ingresso alzando tutta la gamba e reggendosela.
Di nuovo quel pensiero: "meno male che sei attivo...". era una posizione in cui erano evidenti i muscoli dorsali. aveva una bella schiena che terminava in una chiappetta pelosina. Mi godevo questa scopata, ma volevo provare altre posizioni così gli abbassai la gamba e, sempre col cazzo dentro lo girai prono. Lo cavalcai alcuni minuti a gambe unite poi gliele divaricai e mi misi in ginocchio. Il cazzo così entrava meno ma era molto intrigante vederlo entrare e uscire nel buchetto che mettevo in mostra allargandogli le chiappe sode. Lo feci poi mettere a pecora senza che il mio cazzo uscisse. Lo montai prendendolo per i fianchi e tirandolo a me con colpi un po' violenti; il suo bel cazzo barzotto sballonzolava davanti ritmicamente; era una vista eccitantissima e venni.
Lui si lasciò scendere e io rimasi dentro. Mi stavo quasi abbioccando quando lui mi fece rotolare di fianco e mi si sedette sul torace col suo randello contro la mia bocca. La aprii, lui venne avanti col bacino, inghiottii, lui puntò le ginocchia e iniziò a chiavarmi in bocca. Mi piaceva questo uomo sopra di me, mi piaceva questo bel cazzo e pensavo: "la figa non può certo competere con l'armonia di un bel cazzo in azione" poi ancora: "uno può essere etero o anche gay attivo, ma un bel cazzo, quando merita, deve essere onorato..."
Paolo intanto colle mani indietro mi aveva preso l'uccello che mi era tornato duro e, incredibile a dirsi, era ancora dentro lo stesso preservativo. Pensavo mi riempisse la bocca di sborra, ma mi sbagliavo perché si trattenne ed uscì andandosi a impalare sul mio nerchiotto ormai "stanchino" per la verità. Non era durissimo ma il suo culo era molto aperto così entrò lo stesso. Paolo si agitava sul mio uccello menandosi il suo forsennatamente e di lì a poco venne con spruzzi tutto attorno a 180 gradi. Io non gli venni dentro, ma lo estrassi, tolsi finalmente il profilattico che si era ampiamente meritato una medaglia la valore, e mentre Paolo si sdraiava col suo torace sul mio, mi segai finché venni sul solco delle sue chiappe. Ero piacevolmente distrutto e il languore mi stava riprendendo, ma Paolo schizzò in bagno a ripulirsi: si era fatto tardi e doveva andare ad aprire l'ufficio... Io pensavo che, anche se era un quasi-cinquantenne, aveva la vivacità di un ragazzo...

(continua)
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